Blockchain per gli aiuti umanitari.. non solo bitcoin

Condividi sui social

 

Blockchain per gli aiuti umanitari

 

Qualche bagliore di luce nel disastro Siriano. E un teatro di guerra dove si sperimentano armi dotate di Artificial Intelligence e antichi strumenti di sterminio come le bombe al cloro. Unaluce c’è: i profughi possono effettuare la spesa utilizzando fondi umanitari, trasferiti via Blockchain.

Qualche volta effettuando una donazione abbiamo pensato se il nostro contributo sarebbe davvero arrivato a chi veramente serve. Un modo esiste ed è stato utilizzato: la Blockchain è stata impiegata per portare aiuti economici ai profughi siriani.

È possibile creare un wallet per ciascuna persona in difficoltà, senza costi bancari. La persona viene riconosciuta attraverso l’iride e può così prelevare fondi per fare la spesa o altre necessità di base. Fare in modo che alle vittime della guerra vengano riconosciuti i diritti fondamentali dell’uomo, deve essere una priorità assoluta delle Nazioni Unite e impiegare la tecnologia Blockchain per agevolare il trasferimento dei fondi umanitari, può contribuire, a sopperire alle difficoltà economiche del Paese.

Nel caso delle donazioni umanitarie, il costo della intermediazione incide fino al 70%, per cui la Blockchain permette di caricare  con certezza il wallet delle persone che hanno davvero bisogno, sciogliendo i dubbi di chi teme che le loro donazioni non arrivino interamente a destinazione. Questo certezza dell’aiuto incentiva le donazioni anche in termini assoluti, oltre che arrivare completamente a segno. In concreto i beneficiari possono effettuare la spesa dopo essere stati riconosciuti da un sistema di rilevamento dell’iride. Insomma, la Blockchain è amica della beneficienza. Non a caso, fondazioni e organizzazioni no-profit come l’ Unicef, la Banca Mondiale, la Fondazione Bill e Melinda Gates e tante altre, stanno sperimentando tale tecnologia per i fondi umanitari.

Blockchain potrebbe risolvere anche uno dei problemi più gravi che si hanno durante le crisi umanitarie, ossia la perdita dei documenti di identità dei rifugiati. Il sistema, infatti, permette la creazione di una nuova metodologia per il “salvataggio delle informazioni” che garantisce  l’immutabilità dei dati e la possibilità di dare supporto aiuto a chi davvero scappa dalla guerra e dalle persecuzioni.

Certo è che storicamente la raccolta di informazioni dei dati biometrici delle popolazioni non è stata sempre un successo, anzi. Ma la storia si trova alla base di ogni innovazione: è una sorta di “bozza” scritta dall’uomo, dove gli errori possono essere perfezionati attraverso lo sviluppo tecnologico, affinché quegli stessi sbagli trovino un senso.


Condividi sui social